Daniela Monti è un medico psicoterapeuta che da oltre 30 anni aiuta i propri pazienti a liberarsi da paure e condizionamenti per poter esprimere il proprio potenziale. Lei stessa dice: “Chi sceglie di confrontarsi con un terapeuta non è un pazzo: è semplicemente abbastanza curioso da essersi posto qualche domanda”. Noi siamo pienamente d’accordo con lei e per questo abbiamo deciso di porle qualche domanda e sfatare qualche falso mito che ancora circola. La terapia è un benefico per tutti.
Daniela, lei è laureata in Medicina e Chirurgia, è iscritta all’albo degli psicoterapeuti dal 1989 e negli anni successivi ha fatto diversi corsi di specializzazione e perfezionamento. In questi 30 anni, ha seguito tantissimi pazienti, facendo anche consulenza nelle scuole. Pensa che la percezione che le persone hanno dello psicoterapeuta sia mutata nel tempo?
In questi trent’anni è sicuramente cambiato l’approccio verso la psicoterapia, soprattutto le nuove generazioni sperimentano i benefici e l’assoluta normalità nel rivolgersi a un terapeuta. Utilizzo una metafora per descrivere quello che è avvenuto in quest‘arco di tempo: la psicoterapia vive “alla luce del sole” e non si nasconde più nella vergogna, nella paura di essere giudicati o nella finzione.
Ancora oggi, nel 2021, trovi persone che con frasi come “tu hai bisogno di andare in terapia” o “hai bisogno di vederne uno bravo” pensano di offendere e confermano la convinzione limitante che solo chi ha problemi deve andare da uno psicologo o da un terapeuta. Possiamo sfatare questo falso mito, dicendo che tutti potrebbero trarre dei benefici nell’iniziare un percorso con un professionista?
Quando un paziente varca la soglia del mio studio per la prima volta, penso sempre che, per una persona che si rivolge a un professionista, ce ne siano almeno il doppio o il triplo che non lo faranno mai, anche se vivono nel malessere. Guardarsi dentro, risolvere i conflitti è un atto di coraggio per migliorare la propria vita. È bene ricordare che “tutti i nodi vengono al pettine” e, ciclicamente, quello che resta insoluto ritorna a boomerang.
A proposito di professionisti, cosa dovrebbe cercare una persona in uno psicoterapeuta?
Bella domanda! Innanzitutto consiglio di raccogliere qualche informazione prima di mettersi in viaggio. Dal consiglio di un amico, alla ricerca social dove è possibile leggere il curriculum che uno psicoterapeuta serio dovrebbe mostrare. Più complicato orientarsi nella giungla della psicoterapia, con gli infiniti approcci ma il primo contatto può essere deciso per capire se si instaura un rapporto di fiducia. Uno psicoterapeuta deve assolvere a questi compiti: essere una guida senza creare dipendenza, essere un catalizzatore per promuovere il cambiamento.
Ci sono alcuni che sono consapevoli dei benefici che darebbe loro iniziare una terapia ma non lo fanno e altri che, dopo una prima seduta, abbandonano. Entrambi sono accumunati dalla stessa identica paura, quella di essere giudicati e di dover affrontare degli aspetti che potrebbero essere dolorosi. Quali consigli dà in merito a chi si trova o si è trovato in questa situazione?
Non ci sono consigli! Penso non sia ancora giunto il momento di “salire a bordo”.
Cosa risponde invece a chi dice “mi piacerebbe iniziare una terapia ma non me lo posso permettere”?
La psicoterapia è più fruibile di un tempo. Ci si può rivolgere a strutture pubbliche che erogano un servizio a costi contenuti, a centri privati con tariffe smart oppure a terapeuti che offrono la loro professionalità a prezzi calmierati. Chi cerca trova!
Tra i suoi incarichi professionali c’è anche quello di psicosessuologa. L’anno appena trascorso, con le varie fasi di lockdown e restrizioni, ha portato diverse coppie a lasciarsi. Come si può affrontare al meglio una situazione in cui ci si ritrova da soli dopo magari molti anni in una relazione?
Il lockdown ha accelerato crisi latenti e ha senz’altro modificato il modo di stare insieme nella coppia. Gli incontri ravvicinati hanno subito uno scossone e la spinta verso l’esterno, impedita dalle zone rosse-arancioni-gialle, ha virato verso l’introspezione. È stato fatale per tutti fare un bilancio affettivo ma, come spesso accade, si preferisce dare la colpa al lockdown quando in realtà l’equilibrio precario, l’insofferenza erano parte di quella relazione. Per stare bene in due è indispensabile star bene prima, in compagnia di se stessi.
Dopo una delusione affettiva, una separazione ci vuole un tempo per elaborare la perdita. Non è possibile riempire subito il vuoto ma bisogna occuparsi di tutto quello che noi siamo, oltre l’affettività. Se centriamo il nostro benessere unicamente sugli altri, senza occuparci in toto di noi stessi, del nostro lavoro, dei nostri interessi, sogni, progetti rischiamo di essere infelici a lungo.
Lei lo fa come professione, ma succede a tutti noi che parenti o amici si sfoghino raccontandoci i loro problemi. Come possiamo fare per aiutarli senza che questo influisca sul nostro benessere?
È possibile ascoltare un parente, un amico che ci chiede aiuto, mantenendo la giusta distanza emotiva. Non basta parlare dei problemi, bisogna trovare soluzioni efficaci. Restare invischiati in dinamiche famigliari, amicali può essere fuorviante. Meglio rivolgersi ad esperti del settore che possono avere una visione più obiettiva di quello che succede.
Io stessa sono stata in terapia e negli anni ho fatto anche diversi corsi per il mio benessere personale con grandi benefici. Quello di cui mi sono accorta è che spesso, sapevo già cosa o chi mi faceva stare male ma è come se avessi bisogno di qualcuno di esterno che me lo facesse notare e lo rendesse evidente. Perché abbiamo difficoltà ad ascoltarci e soprattutto perché siamo restii a cambiamenti che possono risolvere una situazione malsana? Mi riferisco per esempio a cambiare lavoro, a mettere fine a una relazione, ad allontanarci da amici che tali non sono…
Imparare ad ascoltarsi vuol dire riconoscere i propri bisogni, imparare a rispettare gli altri rispettando se stessi. Per alcuni può voler dire imparare a dire di no, smettere di fare la crocerossina, affermare i propri diritti e non solo i doveri.
Da quando siamo nati ci è stata sussurrata la parola “per sempre” che ha condizionato gran parte delle nostre scelte. Lavoro per sempre, casa per sempre, amici per sempre, compagno per sempre. La vita è un viaggio, ci sono tappe obbligate, incontri ordinari e straordinari, paesi da esplorare, nuovi orizzonti da contemplare. Sostituire il “per sempre” con “finché ci credo”, “finché ha senso per me“.
Il 2020 è stato un anno impegnativo, non semplice e, per molti aspetti, destabilizzante. Questo 2021 sta mostrando qualche spiraglio ma la libertà che avevamo prima sembra ancora lontana. Ci può dare qualche consiglio per vivere meglio il nuovo anno, per essere mentalmente più lucidi e stabili e non lasciarci sopraffare dagli eventi?
Per vivere bene consiglio di utilizzare al meglio le nostre risorse, i nostri talenti sopiti. Nel “qui e ora” convivere con l’emergenza Covid è un dato di fatto. Adattabilità, flessibilità e progettualità sono le leve su cui fare forza. Per allontanare la nostalgia del passato, per arginare la frustrazione dilagante possiamo coltivare nuovi semi, guardare oltre le occasioni mancate, la socialità blindata. Basta abbandonare la paura dell’ignoto, dell’inaspettato, dell’imprevisto e guardare con fiducia al domani.
Domanda di rito che conclude le nostre interviste, qual è il mantra di vita di Daniela Monti?
Il mio mantra può riassumersi in questo proverbio arabo: non arrenderti, rischieresti di farlo un’ora prima del miracolo.