Elena Giardina è un’amante della bicicletta fin dalla più tenera età e proprio con questo mezzo ha deciso di fondare Bike Therapy, la filosofia del benessere che passa proprio attraverso la pedalata. In questa intervista ci spiega nel dettaglio questo bellissimo progetto che va a rigenerare non solo il nostro corpo ma anche la nostra mente e ci riporta in armonia con la natura.

Elena come è nata la tua passione per la bici e quando hai capito che poteva diventare uno strumento per il benessere?

Sono nata e cresciuta a Messina e la mia passione per la bicicletta è nata sin da piccola, grazie a mio padre, che già all’età di 4 anni mi portava su un seggiolino che aveva costruito apposta per me, attaccato alla canna della bicicletta, ed io mi divertivo tantissimo. Partivamo dal centro città per arrivare alla punta estrema di Capo Peloro, e ricordo il mare che splendeva di un azzurro vivace! Quando sono cresciuta, all’età di dodici anni, mio padre mi ha regalato una splendida Atala Sprint, con la quale ho iniziato a scoprire la città. Pedalo da sempre, ma la mia esperienza in bici si è rafforzata ancora di più quando, dopo la laurea in Economia del Turismo e dell’Ambiente, all’età di 24 anni, da Messina mi sono trasferita a Torino, per continuare gli studi e formarmi anche a livello lavorativo, presso enti che si occupano di comunicazione ambientale.

Appena arrivata ho subito acquistato una bici, una single speed, a cui ho dato anche un nome: “La Pina”. Qui sono entrata in contatto con le molteplici realtà torinesi che si occupavano di bicicletta e mobilità, ho preso il brevetto di accompagnatrice cicloturistica della provincia di Torino e subito dopo quello per istruttrice e guida mtb nazionale Aics. Insieme ai miei amici di bici ho fondato, anni fa, l’associazione Bike Pride Fiab Torino, con il fine principale di chiedere all’amministrazione interventi relativi alla mobilità ciclistica e mi sono divertita ad organizzare giri in bicicletta per far pedalare la città, oltre a laboratori per le scuole che tutt’oggi porto avanti attraverso Bike Therapy.

Mi sono ritrovata a collaborare con tantissime realtà di bikers, e ciò mi ha consentito di costruire progetti meravigliosi, di interagire e intraprendere solide relazioni. Ho lavorato come guida anche per molti tour operator, in giro per l’Italia e l’Europa e fatto tanto cicloturismo. La mountain bike mi ha permesso di fare sport in immersione nella natura. Durante le pause per recuperare il respiro cercavo sempre di isolarmi per catturare l’energia curativa dei boschi, delle piante, dei paesaggi e dei colori, di osservare e godere di quei momenti per custodirli e portarli a casa con me.

Pedalare ha sempre generato in me un senso di benessere ed anche aiutato a superare momenti difficili della mia vita. Ha sviluppato in me una grande voglia di condividere con altre persone questo benessere, questa carica positiva ed energia curativa che deriva dal modo in cui si attraversano i territori. L’andamento lento e riflessivo e la gestione individuale della pedalata, possono farci osservare la strada ed il contesto in cui ci troviamo con occhi proiettati verso nuovi stimoli. Questo è ciò che mi piace condividere attraverso Bike Therapy.

Tutti conosciamo i benefici che l’andare in bici ha sul nostro corpo, ma come può andare a lavorare anche sulla nostra mente?

Pedalare è una terapia soprattutto mentale, che dà benefici concreti al nostro corpo. Per farlo bisogna armonizzare il respiro con il movimento della pedalata. Imparare bene a fare questo è un esercizio importantissimo, che ci allontana dallo stress mentale che questo sport ci può creare, soprattutto quando si affrontano salite o terreni impervi, oppure quando si decide di affrontare un viaggio cicloturistico.

Usare anche semplicemente la bicicletta per i nostri spostamenti quotidiani in città, eliminando così lo stress alla guida dell’automobile, ci aiuta a migliorare la nostra positività caratteriale, migliorare i nostri riflessi mentali, aumentare la creatività ed essere più propositivi e positivi, ma anche accoglienti. È movimento, e come tutti i tipi di movimento che regaliamo al nostro corpo, ha un effetto benefico sulle nostre endorfine che ci permettono quindi di migliorare la nostra salute mentale e fisica.

Non è tutto, perché tu attraverso la bici parli anche di Earth Wellness, benessere della terra, che cosa si intende esattamente con questo?

Cambiare stile di vita è una delle comunicazioni principali di Bike Therapy. La bicicletta è il mezzo di trasposto più ecologico, veloce ed economico, e questo è un dato di fatto. Interiorizzare questo contributo, questa scelta che ognuno di noi può fare quando ogni giorno decide di utilizzare questo mezzo per spostarsi, è un regalo fantastico che fa alla salute della nostra terra per evitare di contribuire alle emissioni di CO2, ma non solo, anche a sé stessi ed alla collettività.

Parlo di benessere della terra, perché grazie a questo mezzo, al suo movimento lento e totalmente individuale (ognuno ha il suo), è possibile interiorizzare gli aspetti più belli del paesaggio e della natura, e così innescare inconsciamente nella psicologia delle persone l’appartenenza al territorio e così anche la sua tutela. Quello che propongo sono dei tour esperienziali alla scoperta di percorsi insoliti a tema, per far conoscere nuovi luoghi e rilassarsi di fronte a splendidi panorami.

Con Bike Therapy offro la possibilità di vivere esperienze di conoscenza delle storie e delle tradizioni dei luoghi, attraverso esercizi mirati che possano far trovare al partecipante il benessere psico-fisico, con l’opportunità di conoscersi meglio e replicare poi l’esperienza in modo autonomo, rispettando l’ambiente e gli animali che lo vivono. Questo lo faccio in Piemonte, ma soprattutto in Sicilia, tra i colli e il mare messinese, perché ritengo sia un luogo meraviglioso da far conoscere sia alla gente che lo abita, sia a chi decide di trascorrervi una vacanza.

Ritengo che il piacere di andare in bicicletta sia uno di quei piaceri di una volta, che hanno il diritto di ritornare perché insostituibili. Dalla sella della bicicletta vediamo il mondo in modo un po’ diverso, lo cogliamo, in un certo senso, dall’alto. Muovendoci ad una velocità che ci consente di leggerlo bene, lo gustiamo nei suoi particolari e possiamo soffermarci su dettagli interessanti e suggestivi, che altrimenti non saremmo in grado di catturare. Applico alcune discipline che studio da tempo, come lo Shinrin-Yoku,  “Bagno di Foresta” o “Forest Bathing” ovvero “inspirare l’atmosfera del bosco”. L’obiettivo è quello del benessere e della contemplazione con gli alberi e la vegetazione, laddove i percorsi sono di terra.

L’immersione può avvenire anche con l’acqua, laddove i percorsi sono di mare, lago o fiume. È una pratica giapponese che produce sull’organismo umano risultati positivi e benefici. Il nostro sistema immunitario entra in relazione con le emissioni delle piante, i terpeni, che svolgono su di esso un’influenza utile a stimolare l’aumento delle cellule killer e delle proteine anticancro. L’effetto si produce a livello fisico ma contemporaneamente anche psichico.

Il potere terapeutico della natura e dei suoi elementi può essere quindi prevenzione dello stress e di varie patologie. Siamo fatti di natura e il suo contatto ci fa bene, le nostre radici sono lì, anche se viviamo sempre più nelle città, circondati dal cemento. Inoltre con Bike Therapy quello che mi piace organizzare sono delle pedalate per la tutela dei luoghi, insieme a riflessioni sull’educazione ambientale e sul contrasto di problemi come il littering.

Nel 2015 sei stata in Tanzania, dove hai curato il progetto di cooperazione internazionale Tulime Baiskeli, regalando delle biciclette a una comunità locale. Cosa rappresenta quindi per te la bicicletta e come può diventare un mezzo anche di solidarietà e di gruppo?

Tulime Baiskeli in lingua swaili significa “Coltivare Biciclette”, questa esperienza mi ha portata in Tanzania, in cui insieme ai miei compagni di viaggio, grazie alle donazioni, abbiamo regalato biciclette alla comunità di Pomerini e comprato attrezzature per la realizzazione di una ciclofficina. Tutto questo ha avuto il fine di migliorare la mobilità della comunità locale per arrivare a recuperare l’acqua ai pozzi ed accorciare le distanze chilometriche che coprono i ragazzi per andare da casa a scuola. Il progetto oggi va avanti grazie ad altri volontari.

Ho visto sempre la bicicletta come un mezzo aggregativo e sociale, in cui si abbattono tutti i pregiudizi culturali e si uniscono le differenti ideologie etniche. Chi pedala non ha la sensazione delle differenze etniche, ma cerca sempre con sguardo curioso di conoscere ed arricchire l’esperienza personale attraverso la condivisione del pedalare insieme, almeno questa è una sensazione che provo spesso.

Essere aggregativa e abbattere il senso di giudizio è un consiglio che do sempre quando conduco gruppi in bicicletta, per vivere completamente tutte le esperienze ed imparare sempre cose nuove, un regalo che offriamo a noi stessi durante il nostro percorso di vita, di incontri e di strade che si intersecano.

Proprio in merito a questo, quest’ultimo anno è stato abbastanza complesso per molti, immagino che anche i tuoi servizi di gruppo siano stati limitati, quali consigli ti senti di dare, a chi magari vuole prendere la bici da solo, in attesa che si possa tornare a fare queste attività insieme?

L’anno che ci ha lasciati è stato molto complicato e non mi ha permesso di creare tutte le esperienze che avrei desiderato. Attraverso Bike Therapy ho creato una delle prime campagne di comunicazione contro l’abbandono in strada di guanti e mascherine, che porto avanti tutt’ora, si chiama #Guantiamoceli. Ho avuto però la fortuna, sempre a Messina, in alcuni periodi in cui era possibile, di creare delle iniziative.

Ho realizzato una giornata esperienziale in bici, insieme ad un agronomo, per far conoscere ai partecipanti gli alberi particolari e monumentali della città. Una giornata esperienziale Bike Therapy + Yoga, un’altra con una conduttrice della pratica di Forest Bathing e un’altra con una psicologa Bike Therapy + Bioenergetica.

Sempre a Messina, durante la settimana della mobilità sostenibile a settembre, ho organizzato nella piazza principale un laboratorio sulla sicurezza stradale con i bambini e poi una pedalata per parlare del problema del littering e dell’abbandono dei rifiuti. Piccole ma grandi cose, la bicicletta ha creato il giusto distanziamento sociale e tutto è avvenuto in totale sicurezza. In calendario avevo altri eventi, ma poi le cose sono cambiate. Per questo 2021 sto collaborando come Bike Therapy alla realizzazione di un tour di tre giorni tra Messina e la sponda calabra, Scilla. Insieme ad altre guide stiamo lavorando ad un progetto che si chiama Bike & Walk Ready Go, lavorando a un catalogo di offerte trekking e bike in tutta Italia, con la speranza di poter condurre i partecipanti a conoscere i nostri luoghi meravigliosi!

Tu viaggi e hai viaggiato in bicicletta qui in Italia, in Europa e in Africa quali differenze hai notato a livello culturale nell’approccio alla bici? Cosa dici a chi dichiara di non sentirsi sicuro a spostarsi in città in bicicletta?

Nei viaggi che ho affrontato mi sono sentita sempre al sicuro, accolta. I primi viaggi sono stati in giro per l’Italia, ho pedalato il perimetro della Corsica e della Sicilia, Pantelleria, Toscana, Trentino ed è stata sempre un’esperienza molto positiva. Ho avuto la fortuna di partire con dei compagni di viaggio e di fare un paio di esperienze anche in solitaria. In Italia, quando non si seguono le vie ciclabili e si pedala sulle strade trafficate, bisogna fare attenzione. Questa sensazione non l’ho provata, ad esempio, nel sud della Francia e neppure in Austria, dove si pedala per lo più in strade protette o vere e proprie ciclabili, percorse da moltissimi ciclisti.

L’Africa è rurale, lì non ho fatto cicloturismo, ma dei giri a margherita rispetto al progetto che dovevo seguire. Pedalavo con i miei compagni su strade rosse, attraversando villaggi meravigliosi, piantagioni di tè e grano, respiravo polvere che è rimasta dentro ai miei polmoni come il regalo più bello che custodisco tutte le volte che chiudo gli occhi ed immagino le salite affrontate, con una freni a bacchetta, e gli splendidi tramonti rossi e il cielo stellato. Ogni viaggio è differente ed ogni esperienza è a sé stante. Ho trovato ovunque sempre tanta accoglienza da parte della gente, sorrisi e solidarietà.

In Sicilia, ad esempio, con i mie compagni di viaggio, ci perdemmo in una strada di campagna vicino Selinunte, nella piccola frazione di Bruca. Era estate e faceva caldissimo, non riuscivamo più a pedalare ed allora io mi permisi di entrare all’interno di una casa per chiedere accoglienza. La signora ci accolse a braccia aperte, ci fece passare le ore più calde nella sua cantina ed ancora conservo quella bellissima foto tra i miei ricordi. Il cicloturista, in generale, viene ben accolto, perché si sa che la fatica che affronta è l’unica arma che ha, ed il sorriso e la condivisione delle esperienze sono il regalo alle persone che incontra.

Molte persone mi chiedono di aiutarle ad affrontare la paura di andare in bicicletta in città, soprattutto a Messina, ma anche a Torino. Quello che consiglio sempre è di indossare il casco, di dotare la bici di luci e soprattutto la sera mettere sempre addosso qualcosa di catarifrangente. Quando si pedala consiglio di abituarsi a guardare in lungo e prestare attenzione agli incroci, rallentando, guardare a destra e sinistra, ed assicurarsi che non vi siano auto in arrivo. Quando si attraversa un incrocio si deve cercare sempre il contatto con gli occhi dell’automobilista. Quando si pedala a raso delle auto parcheggiate, si deve sempre osservare attentamente che all’interno delle auto non vi sia il conducente che, sbadatamente, apra la portiera, cercando di prevenirlo. Rispettare semafori ed indicazioni stradali ed andare piano. Cercare di pedalare tutti i giorni, in modo da esercitare i riflessi, conoscere al meglio il mezzo con cui si pedala e diventare così sempre più abili. Pensare soprattutto al bellissimo contributo che si sta dando all’ambiente, ma anche alle proprie tasche! Poiché a parte il costo della manutenzione, l’unico carburante che serve per pedalare è un’ottima alimentazione!

Tra i tanti servizi offerti da Bike Therapy, quali, viste le tante restrizioni, sono attualmente attivi? Quali progetti hai per il 2021?

Portare avanti il messaggio di Bike Therapy, quello in cui la bicicletta può essere un potentissimo mezzo di comunicazione, una nuova filosofia del benessere per rigenerare se stessi, la collettività, la propria mente e il proprio corpo, in armonia con il territorio e la natura, attraverso pratiche e cambiamento dello stile di vita.

Spero vivamente che il 2021 possa regalarmi la possibilità di condividere questo messaggio attraverso l’organizzazione di moduli formativi, ma non solo, anche attraverso tour esperienziali in cui posso condividere le pratiche acquisite di bike coaching e di immersione nella natura, stando in mezzo alla gente e facendo crescere questo progetto anche con lo scambio comunicativo. Bike Therapy è un contenitore di tutte le mie competenze acquisite negli anni, che voglio condividere e che riguardano la comunicazione e formazione ambientale, la mobilità sostenibile, l’economia circolare. Nei prossimi giorni, ad esempio, terrò lezioni di educazione ambientale al corso per guide escursionistiche ambientali della Regione Piemonte, e inoltre sto lavorando a una campagna social, una challenge fotografica contro il problema del littering, che si chiama #pedalaxlaterra, in cui invito alla raccolta di rifiuti e alla condivisione attraverso l’hashtag sui social, in modo da sensibilizzare e far diventare il più virale possibile la tutela dei luoghi.

Sto inviando alle scuole un progetto che curo da molti anni, che si chiama “Naturalmente in bicicletta”, in cui propongo insieme ad altri esperti dell’associazione GreenTO, un laboratorio sull’educazione alla mobilità sostenibile, sulla conoscenza della bicicletta e della ciclomeccanica, sulla sicurezza stradale e la pratica della bicicletta, trattando anche argomenti di economia circolare e riciclo creativo attraverso un altro mio progetto, che si chiama e-Tires, con cui realizzo insieme all’artista Ics oggetti come cinture, bracciali, collane e portachiavi, derivati da copertoni e camere d’aria altrimenti destinate alla pattumiera. Spero tanto di attivare altri corsi sull’educazione ambientale e sulla tutela dei territori.

In verità il cuore del progetto Bike Therapy è anche quello di provare a fare tutte queste esperienze nelle comunità di recupero, insieme a psicologi, per poter studiare e monitorare gli effetti positivi della bicicletta su persone che devono recuperare la propria salute dopo le dipendenze.

Ho in progetto inoltre di continuare il lavoro delle interviste per arricchire il mio blog e recentemente ho avuto una piccola collaborazione con la Fondazione Teatro Ragazzi di Torino, in cui mi è stato chiesto di partecipare a un podcast Spotify “Fila a nanna”, per introdurre la lettura di una fiaba per bambini con un messaggio importante a nome di Bike Therapy, riguardante la mobilità sostenibile. Sto ricevendo molti contatti e sono pronta ad accoglierli tutti, per innescare collaborazioni e sinergie su tutto il territorio italiano, al fine di far conoscere e sperimentare il più possibile l’innovativa filosofia Bike Therapy.

Ultima domanda che conclude le nostre interviste: qual è il mantra nella vita di Elena Giardina?

Quello che mi piace pensare è di contribuire ad essere il cambiamento che voglio vedere nel mondo. Sto capovolgendo la mia vita ormai da anni, non posseggo un auto, cerco di mangiare verdure, mi muovo in bici o con i mezzi pubblici, riciclo il più possibile e produco in casa i miei detersivi e saponi per l’igiene personale, limito i miei acquisti.

Non vorrei mai rinunciare a fare ciò che voglio realmente per essere felice. Voglio continuare a sorridere e condividere la bicicletta con più persone. Continuare a credere nell’innovazione ideologica di Bike Therapy ed essere messaggera dei valori di cambiamento e sostenibilità.

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